Sicuramente conoscerai il detto:
“Tutti sono necessari ma nessuno è indispensabile”
Qualche settimana fa, in piena emergenza Covid, in una delle poche e-mail che invio tramite newsletter agli iscritti a questo sito – una o due al mese se riesco a scriverle 🙂 – avevo posto un punto di riflessione che ha scaturito non pochi feedback.
Alcune risposte sono veri e propri casi studio. Avevo deciso di farne una raccolta anonima per condividere le varie esperienze con te ma mi sono soffermato su una in particolare che racchiude un po’ tutti gli interventi che ho ricevuto.
In questo articolo di blog ti riporto la testimonianza di un manager che, nonostante il buon lavoro, è stato costretto a “mettersi in marcia per cercare alternative lavorative”!
È una bella testimonianza che racconta la gestione di un vero e proprio progetto di riassetto e riorganizzazione aziendale.
Credo che ti interesserà molto perché ci sono buoni spunti manageriali derivanti dall’operato di Alessandro, un giovane manager italiano.
A me ha colpito perché gira intorno ad una questione molto delicata che Alessandro ha riassunto nel titolo della sua mail:
“È giusto svendersi o mettersi nelle condizioni di NON essere più indispensabile?”
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Di seguito ti riporto testualmente la testimonianza. Fammi sapere cosa ne pensi o raccontami anche la tua esperienza!
“Un buon manager deve sempre fare in modo che l’azienda come organismo sia indipendente anche da lui stesso, solo in questo modo si potrà avere successo negli obiettivi da raggiungere. Coltivare e far crescere il livello educativo del personale e le risorse aiuta tutta l’azienda ad una propensione al miglioramento continuo.
Arrivato in questa realtà aziendale come responsabile sviluppo prodotto e Lean manager circa 3 anni fa avevo già visto che c’era molto da fare ma il lavoro non spaventa mai.
In 16 anni di lavoro alcuni principi fondamentali mi sono stati insegnati di cui non si può fare a meno e mi hanno sempre guidato bene:
- Siamo come una sfera divisa in 3 parti uguali ed altre piccole parti ed in ordine di importanza le principali 3 sono SALUTE, FAMIGLIA, LAVORO. Nessuna di queste 3 può venire a mancare perché altererebbe gli equilibri e l’efficienza del tutto.
- Fare quello che serve e non fare quello che non serve (T.O.C. theory of constraints)
- Non far domani quello che potresti fare oggi
- Quello che non c’è non si rompe
- Ci deve essere sempre un elemento debole della catena e se non c’è bisogna trovarsi nelle condizioni da sapere subito dove agire
Mi metto subito all’opera con molta modestia e propenso ad un’analisi iniziale per capire.
Soprattutto per quello che riguarda la Lean qui c’è molto da fare ma venendo da una realtà organizzata mi sento in dovere di dare il mio supporto soprattutto su questo lato.”
Dopo una prima analisi Alessandro individua un anello debole, attua i primi cambiamenti e applica la metodologia 5S.
La metodologia 5S racchiude cinque passaggi ed è un metodo sistematico e ripetibile per l’ottimizzazione degli standard di lavoro per il miglioramento delle performance operative.
- Seiri – separare o scartare ciò che ti serve da ciò che non è funzionale all’attività e quindi crea disturbo e disordine, quindi spreco di tempo o di risorse.
- Seiton – sistemare o riordinare tutto ciò che è utile.
- Seiso – pulire o spazzare cioè mantenere un ordine costante e un ambiente pulito.
- Seiketsu – sistematizzare o standardizzare attività ripetitive.
- Shitsuke – diffondere o sostenere per far sì che questo modo di pensare ed agire sia pervasivo per tutte le attività aziendali.
CONTINUA ALESSANDRO:
“C’è un reparto che mi viene subito affidato e che sembra essere la patata bollente dell’azienda. Il management si lamenta dell’operato dei dipendenti tant’è che preferisce far realizzare esternamente le attività.
Mi inserisco in prima persona all’interno del reparto e inizio a vedere quei famosi fantasmi che chi ci vive da molto tempo non riconosce più.
Inizio ad applicare subito le 5S coinvolgendo il personale nella ricerca di ciò che, anche secondo il loro parere, servirebbe per migliorare (io già potrei saperlo ma far prendere loro coscienza della situazione li renderà partecipi ed attori del cambiamento).
Iniziamo a far pulizia e ad ordinare insieme le attività, a suddividere le macro attività in micro e iniziamo a vedere ciò che non è chiaro o che manca per poter proseguire in maniera snella.
Naturalmente prendo appunti su tutto. Realizziamo per ogni micro attività dei contenitori idonei in modo che, a livello di visual management, siano visibili per tutti i carichi di lavoro e gli avanzamenti. Impostiamo dei reports su tutti gli imprevisti che si incontrano e che bloccano le attività. Insomma, in poco tempo rendiamo tutto evidente e alla luce del sole.”
Una risorsa fondamentale: IL TEMPO
Si sa, il tempo è una risorsa a esaurimento. Dare valore al tempo significa dare valore e benefici alla nostra vita. Il tempo sprecato genera stress e costi! Lavorare in modo lineare chiaro e consapevole è la chiave per lo svolgimento dell’attività lavorativa in assenza di pressioni e stress aumentando l’efficienza e l’efficacia del lavoro stesso.
CONTINUA ALESSANDRO:
“Il reparto inizia ad essere visto in maniera egregia dal resto dell’azienda. Con questa organizzazione si riesce a guadagnare tempo e ad occuparsi anche di creare scorte di ricambi. Andando avanti abbiamo altro tempo ed allora lo si investe creando interdisciplinarità tra le varie risorse in modo che possano essere intercambiabili tra di loro.
In precedenza, al contrario di adesso, soprattutto in estate, alcune risorse facevano molta fatica a permettersi delle ferie tranquille senza richiami al lavoro. Ora tutto sembra più agevole, più agile!
Inoltre, in parallelo, ho lavorato ad un modo di informatizzare con il supporto del CED tutta la gestione che avevamo messo in piedi nel reparto in modo da fissarla e gestirla da remoto così che tutti sapessero le nostre priorità e lo stato di avanzamento. Ho anche interfacciato questo modulo interno di gestione con il gestionale per commesse in modo da agevolare il reparto commerciale nell’inserimento degli ordini. Ora, l’informatizzazione è immediata, la situazione del magazzino è sempre aggiornata in tempo reale, in modo da ridurre errori o tempi di attesa inutili.”
Il cambiamento: i primi obiettivi raggiunti
CONTINUA ALESSANDRO:
“Il cerchio si stava chiudendo. Ero riuscito a rendere un reparto problematico una vera e propria opportunità aziendale, uno standard di lavoro e di modello indipendente anche dal sottoscritto in quanto poteva gestire da solo in base alle richieste che fossero arrivate.
Al contempo ho messo in piedi un modello di gestione e risoluzione delle problematiche utile a tutta l’azienda. Facendo così si è venuta a creare una struttura trasversale che con tutti gli input e reports si monitorava in maniera piuttosto autonoma.”
L’arrivo del COVID 19 e la doccia fredda per Alessandro
CONTINUA ALESSANDRO:
Sembra assurdo però, che con l’arrivo dell’emergenza sanitaria, dovendo ridurre il numero di persone allo stretto necessario, il frutto del mio lavoro mi si è girato contro. Sono rimasto a casa tutto il periodo con pochissime presenze in azienda (inferiore al 10%). Speravo che l’emergenza sarebbe finita subito e che l’azienda ripartisse a pieno regime e mi sono dato un mese e mezzo per assistere alla situazione in evoluzione con pazienza. Purtroppo, la promessa della proprietà (che lodava il mio operato) di poter tornare a regime nel breve periodo, non è stata mantenuta e quindi sono stato costretto a mettermi in marcia per cercare alternative lavorative.
Con moglie e figli a carico non posso permettermi una condizione attuale economica tale da non poter provvedere alla famiglia!
Sto avendo dei contatti ma, dato il momento particolare, dovrò quasi sicuramente giungere a compromessi svendendomi sia a livello di ruolo che di retribuzione e per questo la domanda “E’ giusto svendersi ?” è proprio temporalmente azzeccata.
Se non avessi sempre dato tutto probabilmente oggi sarei ancora impiegato al 70% se non addirittura al 100% però purtroppo non riesco a comportarmi in modo diverso.
Il lavoro è un diritto ma anche un dovere e quindi va rispettato, gli insegnamenti ricevuti e l’esperienza acquisita nel tempo (compresa quest’ultima) mi hanno sempre ripagato bene, anche con valori come il rispetto dei collaboratori e delle risorse che ho incontrato nel mio cammino con le quali ho lavorato a stretto contatto.
Grazie per questa opportunità“
Grazie a te, Alessandro, per questa tua testimonianza!
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1 Comment
Nicola
Salve mi permetto di dare la mia opinione, caro Alessandro, lavorando per industrie o multinazionali lei nuota in un oceano di squali e nel 99,99% dei casi verrà mangiato, e così è stato, d’altronde capisco che lavorare per certa “gente” ha sicuramente un buon rientro economico, ma come lei scrive “fin quando gli è stato utile”. Dovreste trasformare il Vostro lavoro e dirottarlo sulle piccole realtà, aiutare gli Artigiani a far sì che il meccanismo si inverta, far sì che le botteghe, le ferramenta, i fruttivendoli, i contadini, surclassino e riprendano campo sulle industrie e le multinazionali. Vedrà che il lavoro tornerebbe a sorriderla, più che altro apprezzerà il fatto di lavorare con persone di cuore, che amano il proprio lavoro.