Giorni fa ho letto un articolo molto interessante pubblicato su un inserto della rivista Harvard Business Italia alla quale sono abbonato, che parlava dei Millennial e della Generazione Z. Mi ha colpito molto perché l’autrice, Odile Robotti (amministratore unico di Learning EDGE Srl) parla di occupazione giovanile e di come nel 2025 i Millennials e la Generazione Z invaderanno il mondo del lavoro.
Chi sono i Millennial e da chi è rappresentata la Generazione Z
Prima di raccontarvi nello specifico cosa mi ha colpito dell’articolo devo fare un passo indietro e spiegare cosa si intende con Millennials e con Generazione Z. I Millennial non sono altro che coloro che sono nati tra il 1980 e il 1996, ovvero coloro che hanno compiuto il loro primo ed ultimo anno da teenager durante il corso degli anni 2000 e non sono, come erroneamente viene detto, coloro nati nel 2000. Con il termine Generazione Z, invece, si identifica la generazione che segue ai Millennials, generalmente circoscritta tra i nati nella seconda metà degli anni ’90 e la fine degli anni 2000.
Come i Millennials e la generazione Z cambieranno il mondo del lavoro
L’autore dell’articolo dice che, seppur ci sia un globale aumento dell’invecchiamento della popolazione, la generazione dei Millennials nel 2025 rappresenterà il 75% della forza lavoro a livello mondiale. L’andamento è piuttosto generale in tutti i paesi e attualmente, in Italia, i Millennial rappresentano il 22% del totale degli occupati.
Ciò che mi ha colpito dell’articolo è proprio come i Millennial stanno modificando le organizzazioni e il loro modo di agire, i modelli organizzativi e le consuetudini aziendali. Bisogna però trattare l’argomento considerando le differenze tra la generazione precedente e i Millennial, cioè in cosa questi ultimi stanno rivoluzionando il modo di intendere il lavoro. Le differenze principali sono 6.
6 differenze tra i Millennial e la generazione precedente
1. il lavoro non è solo un impiego
Secondo un rapporto Gallup del 2016 (Agenzia di sondaggi Statunitense) questa generazione non considera il lavoro solo come un impiego ma lo considera parte integrante della propria vita. Questo aspetto, a mio avviso, è positivo e corrisponde a pieno anche il mio modo di intendere e vedere il lavoro (già, dimenticavo, sono anche un Millennial ?). In pratica, il millennial pretende di svolgere un lavoro che permetta di dare il meglio di sé ogni giorno e che permetta di seguire le proprie ambizioni, passioni ed aspirazioni. La generazione precedente considerava, anzi considera, il lavoro come una fonte di guadagno per vivere. Ma quali sono gli atteggiamenti che questa visione del lavoro può portare all’interno delle organizzazioni e del mondo del lavoro modificandone il modo di gestire e i modelli organizzativi?
Il millennial è più esigente, meno gestibile – meno “ricattabile” detta brutalmente – con la leva retributiva, cioè non si abbassa a lavori sottopagati ad esempio. Sono particolarmente esigenti sui contenuti del proprio lavoro e sulla qualità dell’ambiente organizzativo. Vi ricordate il termine “Choosy” che venne utilizzato per qualificare l’approccio dei giovani al lavoro come poco umile o con scarso spirito di adattabilità? Ecco, definire “choosy” i millennial che hanno questa visione del mondo del lavoro, come cita testualmente l’autrice, “è la soluzione giusta al problema sbagliato”. Con questa citazione credo che l’autrice voglia dire che definire come “poco umile” un giovane lavoratore è più semplice che attuare meccanismi che agiscano sulla mentalità aziendale reindirizzando le aziende stesse verso un modello di gestione aziendale qualitativamente migliore.
Altra conseguenza derivante dal modo di intendere il lavoro dei Millennial è la ricerca del benessere olistico all’interno dell’azienda (corsi di yoga, cucina a disposizione, aree relax, permessi per la cura dei propri cari ed agevolazioni).
Come ultima conseguenza del fatto che il lavoro è inteso come parte integrante della propria vita, troviamo che i Millennial tendono a voler cambiare lavoro più frequentemente, ma questo solo nel caso in cui siano insoddisfatti o delusi dell’azienda per cui lavorano.
2. l’integrazione Vita-Lavoro lascia più spazio alla vita privata.
Riprendendo quanto detto al punto precedente, i millennial vogliono più tempo da dedicare alla loro vita privata e quindi improntano il loro lavoro con un maggiore orientamento agli obiettivi. In pratica, facendo un esempio concreto, preferiscono lavorare da casa pur di restare a casa ad accudire i propri familiari. D’altronde questa generazione è molto più avvezza alla tecnologia. Quest’ultima consente di poter lavorare anche in orari insoliti o nel weekend, cosa che la generazione precedente non è disposta a fare poiché abituata alle vecchie inclinazioni che prevedono il rispetto delle ferie, dei riposi, e degli orari e turni lavorativi.
3. Le organizzazioni devono avere un impatto sociale positivo.
Poiché la generazione millennial non è soltanto quella del mondo lavorativo ma, come detto in premessa, racchiude una fascia di età ben precisa, è facile comprendere come anche il modo di approcciarsi, nei confronti delle aziende, come clienti, investitori o stakeholder in generale, possa influire sui comportamenti e sulle scelte aziendali. Basti pensare che da un indagine di Deloitte è derivato che il 42% dei Millennial hanno aumentato gli acquisti presso un’azienda solo perché quest’ultima avesse un impatto positivo sulla società e sull’ambiente. Inoltre, la stessa indagine rivela come il 37% dei millennial abbia smesso di acquistare presso un’azienda proprio perché era percepita come “poco etica”.
Nel mondo del lavoro questa predisposizione a favore delle tematiche etiche ed ambientali dei millennial risulterebbe più accentuata ed inciderebbe in maniera marcata sulla scelta del lavoro, sulla fedeltà all’azienda e sull’accettazione o meno di offerte di lavoro. Tant’è che il 64% di essi non accetterebbe un lavoro offerto da un’azienda che non abbia adottato significative pratiche di responsabilità sociale d’impresa.
4. La condivisione delle informazioni e la trasparenza sono un must
In ambito lavorativo, poiché avvezzi alla tecnologia, i millennial prediligono la diffusione delle informazioni e la loro condivisione in maniera libera e non selettiva come avviene con la generazione precedente.
5. La competenza conta più della gerarchia
I millennial danno meno importanza alle gerarchie e ad i titoli e riconoscono meno l’autorità dei superiori. Riconoscono la leadership in coloro che la dimostrino e quindi coloro che dimostrano competenze e di conseguenza preferiscono che le decisioni siano prese da questi ultimi piuttosto che da chi è gerarchicamente più in alto.
Una cosa che è risultata evidente è che i millennial vogliono partecipare attivamente alla vita aziendale, dispensare consigli, opinioni ed soprattutto idee al fine di contribuire attivamente al miglioramento dell’organizzazione.
6. i leader devono abilitare i collaboratori
Hanno una idea ben precisa sulla differenza tra essere “capo” ed essere “leader”. Intendono come “capacità di leadership” quella di abilitare i collaboratori al successo, in grado di aiutare tutti e soprattutto di dare l’esempio ed aiutarli nella crescita personale e lavorativa nonché nell’avanzamento della carriera lavorativa.
Conclusione
Questo articolo, secondo il mio modesto parere, mette in evidenza come le aziende stanno cambiando il loro modo di impostare la gestione aziendale. Un passo importantissimo delle aziende che, in Italia, viene fatto un po’ a rilento rispetto alle altre parti del mondo dove tutto ciò appena descritto già avviene da un po’ di anni ed è diventata la normalità.
Mettere al centro il lavoratore dandogli spazio, importanza, fiducia e soprattutto la possibilità di vivere la sua vita, aumenta la produttività del lavoratore stesso nonché la sua soddisfazione, incrementando la fiducia verso l’azienda riducendone l’abbandono. È come se fosse anche sua!
Per concludere, è possibile racchiudere nei seguenti aspetti fondamentali cosa i millennial guardano quando si candidano ad un’offerta di lavoro:
- Opportunità di crescita ed apprendimento
- Qualità del manager e del management
- Interesse verso la tipologia di lavoro
- opportunità di carriera
Probabilmente, questo articolo non sarà condiviso da chiunque poiché pragmaticamente, soprattutto in Italia, c’è ancora una buona parte delle nuove generazioni che ha la necessità di lavorare intesa come necessità di retribuzione poiché ci troviamo in un contesto dove la scarsità di scelta e di occupazione la fanno da padrona. In questo caso – ma questo è un mio personalissimo consiglio – un lavoro che ci sta stretto va accettato al fine di guadagnare e risparmiare per consentirci di investire su noi stessi, quindi in formazione ed accrescimento delle nostre competenze. Ma questo è un altro argomento e vi rimando al prossimo articolo.
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